lunedì 31 marzo 2014

Ventidue (2)


È un po’ che indulgo in questa fantasia, un ragazzo che non conosco e di cui non posso vedere il viso – ora perché arriva da dietro le mie spalle, ora perché è lui incappucciato, ora perché io sono bendata – mi coinvolge in un rapporto sessuale rude ma intensissimo. Eccolo, il familiare brivido che scende lungo la spina dorsale e mi riscalda i lombi, bagnandomi le mutandine. Sorrido al nulla, imbarazzata per l’impudicizia della situazione… sono china a pulire una seduta e immagino lui che da dietro mi si appoggia contro, sfregando la sua erezione contro i miei slip ormai fradici. Oddio, sono così bagnata che potrebbe sollevarmi la gonna, spostarli da una parte ed infilarmelo dentro con un solo movimento, riempiendomi di sé fino a farmi gridare.

- Lara? Quando hai finito con i tavoli, torna in cucina a lavare i piatti! – la mia collega Romina mi richiama all’ordine, strappandomi alle mie fantasticherie.

Dannazione, sono passata da un estremo all’altro. Termino brevemente la pulizia della sala e mi dirigo verso la cucina per riordinare anche quella prima dell’apertura al pubblico. Prima, però, una puntatina in bagno. Devo farlo adesso, altrimenti rischio di rompere qualcosa per la tensione accumulata. Rapida, apro la cerniera e tiro giù le mutandine, insieme alla gonna nera della divisa.

Con il pollice, comincio ad accarezzare la clitoride premendo piano con la base della falange e con il medio allargo le piccole labbra, facendo scivolare tutto il dito all’interno. Tengo un ritmo delicato all’inizio, poi non resisto più e comincio a massaggiare più intensamente. Penso a lui, al mio sconosciuto senza volto, lo immagino mentre mi afferra i capezzoli con forza. Con la mano sinistra mi insinuo sotto il reggiseno per trovarne uno, che stringo tra il pollice e l’indice fin quasi a farmi male. La scossa che mi attraversa mi serra la mandibola, facendo affondare i denti nel labbro inferiore, e scende fin là dove la mia mano destra sta mantenendo il suo ritmo serrato, con non più uno solo ma con addirittura due dita infilate dentro, tra le mie gambe oscenamente spalancate.

E lui è dietro di me, le sue mani forti, il suo respiro lievemente affannoso per l'eccitazione, pronto a vedermi crollare tra le sue braccia in preda al più intenso degli orgasmi.

Sento finalmente le pareti della vagina contrarsi stringendomi le dita, sento il piacere che raggiunge il culmine e trattengo i gemiti sordi che mi salgono alla gola, esplodo nell'estasi e la lascio scorrere dentro di me con le sue ondate.
Indugio ancora qualche istante, giusto il tempo di godermi il ritmo delle ultime contrazioni, prima di togliere la mano e cominciare a rivestirmi.

Di nuovo in divisa, mi dirigo verso il lavandino per lavarmi le mani ed esco dal bagno per tornare al mio lavoro, soddisfatta e finalmente rilassata.

giovedì 27 marzo 2014

Ventidue (1)


- E va bene, Edo. Ci vediamo a casa tua quando stacco dal lavoro. Sì, rimango. Ma solo perché i miei sono fuori! Non ti ci abituare. –

Chiudo la comunicazione e finisco di allacciarmi il grembiule. Alla fine, ce l’ha fatta a fottermi, penso. È riuscito a incastrarmi per farmi dormire da lui. Chissà se ce la farà a fottermi anche di persona, stasera.

Sogghigno alla mia stessa battuta, ben conscia che Edoardo da quel punto di vista non ha nessun problema. Se fosse stato per lui, l’avremmo già fatto decine di volte, il vero problema sono io. Ogni volta che si arriva al punto cruciale, continuo ad addurre scuse su scuse per non passare al livello successivo. Non riesco a spiegarmelo o a capire la motivazione, ma non riesco nemmeno a lasciare che lui mi sfili le mutandine, o ci insinui le dita dentro. Mi piace baciarlo, farmi toccare. Mi piacciono le sue mani pressanti sulle labbra, sul seno, sulla schiena e sulla curva dei glutei. Non appena lui si spinge fino all’interno delle cosce, però, mi blocco e finisco per ritrarmi. Anche dargli piacere non mi riesce come vorrei; finché ha ancora indosso i pantaloni, mi sento eccitata ed eccitante da morire, non appena li toglie ridivento una scolaretta timida. Toccarlo, m’intimorisce; di baciarlo come lui vorrebbe non se ne parla. Stasera, però, non potrò più svicolare con la scusa di avere il coprifuoco o di dovermi svegliare presto. Questa sera, ci sarà la resa finale dei conti e, finalmente, farò sesso con Edoardo.

Interrompo per un attimo il flusso dei pensieri per terminare di affettare il pane per l’aperitivo e portare i cestini ricolmi al tavolo principale del buffet. Rientrando nelle cucine per preparare il resto, mi rendo conto di una cosa: nemmeno prima di perdere la verginità ero così nervosa.

Il mio ragazzo di allora, tale Andrea, era un rozzo aspirante ballerino di breakdance con un pessimo senso dell’igiene personale, ma quando aveva voluto che mi sdraiassi in mezzo al prato, quella sera al parco, non avevo fatto storie. Anzi, non sentito dolore alla penetrazione, avevo persino partecipato al rapporto venendo incontro alle sue spinte. Tant’è vero che dopo la fine, il primo commento di lui – sempre squisitamente elegante – era stato: sicura che fossi veramente vergine prima?
Comunque, anche i rapporti a seguire, con Andrea e con gli altri prima di Edo, non mi avevano mai causato particolari remore o problemi.

Il solo pensiero che lui mi chieda di toccarlo o cerchi di toccarmi a sua volta, invece, mi getta nell’ansia. Vorrei che lo facesse, sono sicura che io proverei un enorme piacere tra le sue braccia ma, nonostante la curiosità e la voglia, continuo a bloccarmi sul più bello. Provo a immaginarmi mentre lo facciamo, lui sdraiato tra le mie gambe aperte, la punta del suo pene che mi accarezza la clitoride e si bagna dei miei umori prima di penetrarmi. Tecnicamente, tutto perfetto, se non fosse che persino nel sogno ad occhi aperti mi ritraggo da lui.

Frustrata, continuo a sfrecciare dentro e fuori dalla cucina alla sala per sistemare le pile di piatti, le posate, il cibo e il vasellame vario a disposizione dei clienti. Mentre prendo lo straccio e comincio a passarlo sui tavoli e le sedie, decido di pensare ad altro, per evitare di arrivare troppo inacidita al momento dell’ingresso delle persone nel locale o, peggio, alla fine del turno. Basta Edoardo quindi, ci vuole qualcosa che mi prenda abbastanza da togliermelo dalla testa. Sogghigno ancora. Benvenuto, uomo senza volto.

domenica 23 marzo 2014

Perché ho aperto questo blog (e voi invece non avreste dovuto farlo)


Intendo aprire questo blog, non aprirne uno vostro. Dovreste aprire il vostro blog, se vi va. Lungi da me impedire a chicchessia di seguire il suo piacere, sarebbe quanto meno incoerente.

Ecco un primo motivo: sono inopportuna, dico e scrivo quello che voglio senza preoccuparmi troppo di quel che pensano gli altri. E sono logorroica, come avrete intuito da queste 360 battute spese a dire assolutamente niente riguardo al mio nuovo blog.

Non saprei cosa aggiungere a parte che non dovreste aprirlo, come ho già scritto (difetto numero tre: ripetitiva). E già questo è abbastanza stupido, perché se siete arrivati fin qui, vuol dire che il blog l’avete già aperto (aggiungiamo lapalissiana al computo? Bene, siamo a quattro).

Visto allora che siete già qui, e avete dato prova di capacità di sopportazione non comuni, consigliarvi di chiudere la pagina mi costerebbe un dolore immenso. Non si escludono tali preziose – e stoiche! – persone dalla propria vita, seppur virtuale.

Darvi dei buoni motivi per restare, però, vorrebbe dire sia andare fuori tema sia rischiare una pericolosa deriva autocelebrativa compatibile solo con comizi leghisti e fashion blog (numero cinque: inopportuna smemorata).

Pertanto, vi propongo un patto: io continuo, come da titolo, ad elencare i motivi per cui sarebbe meglio non seguirmi in questa bizzarra avventura; se poi voi, una volta arrivati in fondo alla pagina, scoprite che volete farlo comunque, allora fatelo - sono buona e ve lo concedo - e sappiate che il vostro piacere nel leggere aumenta esponenzialmente il mio nello scrivere.

Non dovreste seguire il mio blog perché parla appunto, in estrema sintesi, di piacere. E questo è pericolosissimo, dato il nostro tessuto sociale attualmente così intriso di divieti.

I temi trattati, il linguaggio utilizzato nei post saranno pesanti (difetto numero sei: sono scurrile e volgare). Sì, si parlerà di sesso in maniera esplicita e sì, anche di dominazione, bondage e sado-masochismo. Non in maniera fine a se stessa però, non ci sarà solo quello. Di base sarà un blog letterario, l’ho fortemente voluto per questo e ci saranno i miei racconti organizzati in “filoni”, ma ci saranno anche post di riflessione generalizzata sui limiti morali ed etici che vengono imposti ed imponiamo noi stessi al nostro godimento, nel senso più esteso del termine.

Insomma, da queste parti si tromba tanto, ma si pensa altrettanto!

A tutti quelli che sono già scappati, auguro buon divertimento con qualcosa di meno ostico.

A tutti quelli che scapperanno sono arrivati alla conclusione… benvenuti a bordo, cercate di non perdervi mentre trovate voi stessi.