lunedì 14 aprile 2014

L'amore ai tempi del 2.0




Non mi aspettavo certo di far esplodere i server di Google con la mole di traffico generata da questo blog... però.

Feedback

Il bello è che le visite, i commenti, i complimenti persino, ci sono.
Però non lo sa nessuno, se non andassi a guardare bene non lo saprei nemmeno io. Alla faccia di "share the love"! Siamo nel 2014 e c'è gente che ha faticato per trovare l'indirizzo email.

Sono rimasta ad osservare per un po' prima di scrivere questo post. Le statistiche delle visite indicano numeri di tutto rispetto - per un blog neonato con un contenuto scabroso e pertanto non agilmente "spammabile" - ma le pagine di contatto languono.

Certo, mi son detta, che ti aspettavi? Se uno mette "mi piace" alla pagina di un blog erotico, poi è un attimo che gli fanno trovare il rossetto e la cuffietta da sissy sulla scrivania al lavoro.
Nemmeno io ho il "mi piace" sulla mia pagina, e sono su FB sotto pseudonimo. Per dire.
Bene, però io per questo preciso motivo ho lasciato la possibilità di commentare ogni post in forma anonima, senza bisogno di autenticarsi su Google plus o Blogger!
Quindi fatelo, per Giove, non lasciatemi messaggi ad alto tasso di farneticazione su piattaforme che non c'entrano nulla col blog ;)
Se volete chiedermi anticipazioni su come continua la saga di Ventidue, complimentarvi per il mio stile di scrittura, richiedere un certo tipo di racconti invece che altri, quando finite di leggere un post cliccate su "commento".
Anche perché, se sperate di farvi notare... non c'è modo migliore che solleticare il mio ego con un apprezzamento pubblico, per quanto anonimo, no?



Photo credits: Feedback di Giulia Forsythe

giovedì 10 aprile 2014

Ventidue (3)

La serata trascorre in maniera piacevole, come quasi tutte le serate passate a lavorare al Blue Star.
Quando ho cominciato, qualche mese fa, avevo appena lasciato un posto che chiamare bettola è un
eufemismo, quindi la clientela tranquilla e il personale cordiale del Blue Star mi sono sembrati il paradiso.
Certo, sempre di lavoro irregolare e sottopagato si tratta, ma perlomeno il mansionario non include cose come il sedersi in grembo ai clienti e doversi difendere da mani morte e occhiate lascive, "però mi raccomando dai sempre l'impressione di starci", per far contento il principale. Come dico al mio attuale capo, l'unica cosa di cui ci si può lamentare venendo a lavorare al Blue Star è la divisa: longuette nera, camicia arancio, décolleté mezzo tacco. In pratica, una hostess.
Per me che, tutta intera, non arrivo alla spalla di una hostess media, questa è una mise decisamente penalizzante. Ma nell'idea del proprietario, le persone al Blue Star dovevano arrivare in gruppo per ballare, bere e divertirsi, quindi le cameriere erano strumenti funzionali alla perfetta riuscita della serata. Dovevano
prevedere le esigenze dei clienti e risultare quanto più possibile invisibili. Il servizio migliore è quello che non si nota neanche, diceva.
Alla sua morte, il suo posto è stato preso dal figlio Giacomo, detto Jack, che è l'antitesi di suo padre ed avrebbe amato avere un pub chiassoso ed affollato, da governare a suon di frusta come una nave pirata.
Invece, si ritrova per le mani questo posto da fighette (a detta sua) e ha troppo timore reverenziale nei confronti della memoria del padre per cambiare lo status quo, quindi continua sulla stessa linea di condotta.
Mi piace Giacomo, e credo di piacere anche io a lui nonostante la differenza di età. In fondo, lui ha la testa di un adolescente scanzonato che ama il divertimento, per cui potei perfino essere io quella matura dei due.

Ritiro una pila di piatti sporchi e la porto in cucina, per caricare una lavastoviglie mentre Romina rimane in sala a disposizione per eventuali richieste. Giacomo, che fino ad allora stava parlando con dei clienti, si stacca dal gruppo e mi raggiunge nella cucina deserta.

- Lara, vuoi una mano con quei piatti?-

- No, grazie, capo. Piuttosto, avrei bisogno del detersivo per la lavastoviglie, puoi prendermelo tu? È sempre sullo scaffale in alto e ogni volta faccio una fatica...-

- È perché sei una nanetta! Persino la gonna della divisa che dovrebbe stare sopra il ginocchio a te arriva a metà polpaccio!-

Questa, adesso, me la paga cara e salata.

- Bravo, prendimi in giro - chioso, terminando di caricare la lavastoviglie e chiudendola con un colpo secco - Però sappi che, nell'essere piccolina, non ci sono solo lati negativi. -
Così dicendo, mi avvicino a lui che, appoggiato di schiena allo scaffale, mi guarda con un sorriso sghembo.

Quando termino la frase sono così vicina a lui che il mio seno è ad un centimetro dal premere contro il suo stomaco e, mentre nel parlare ho tenuto la testa un po' china, ora alzo lo sguardo verso di lui, lo fisso negli occhi e gli sorrido allusiva con le labbra leggermente imbronciate.
So che è una delle mie pose migliori e la uso quando voglio puntare sulle mie fattezze mignon per fare l'effetto "bambolina provocante". Capisco che non ero del tutto fuori strada nel pensare di piacere a Giacomo, perché il sorrisetto sarcastico sparisce sostituito da un'espressione turbata. Tengo lo sguardo allacciato al suo ancora un istante, poi lo riabbasso e sto per allontanarmi quando lui parla con una voce roca, di un'ottava più bassa:

- Ti ho vista prima, nel bagno. -

Mi paralizzo. Un brivido freddo mi corre lungo la schiena.
Cosa??

giovedì 3 aprile 2014

Amor, ch'a nullo amato amar perdona

Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m'abbandona.

Inferno, canto V, 103-105



Giacché questo spazio porta il nome di Confessioni, mi confesso.
Ammetto di essermi persa in un paio d'occhi da cerbiatto, io che sono dura e (im)pura e graniticamente allergica ai morbidoni. Solitamente mi piacciono le persone che sanno quello che vogliono da me, che sia sesso, amicizia o scudisciate. E invece.

Esistono cerbiatti con gli occhi azzurri? Beh, tant'è. Deve essere il fascino dell'inesperienza, mi sono detta, poi ho realizzato.
Leggo, in fondo a quello sguardo ceruleo, una certa tanta (fanculo la falsa modestia) attrazione nei miei confronti,  che rimane inespressa per la poca pratica nell'esternazione dei sentimenti. Più in fondo dentro quegli occhioni però, dietro all'ingenua passioncella, c'è un qualcosa che parla al mio istinto predatorio in modi che non posso ignorare. Che dice "Strapazzami, ti prego, sono tuo", forse all'insaputa del proprietario stesso.
Qualcosa, quindi, che mi attrae.


In fondo, è vero che il cerbiatto è irresistibilmente affascinato dal serpente che lo mangerà1: lo guarda, si chiede cosa sia quel curioso animale strisciante, se costituisca una minaccia. Vorrebbe avvicinarsi, forse giocare.
Il serpente, d'altro canto, è a sua volta focalizzato sul cerbiatto, sempre e solo sul cerbiatto, su ogni fremito, su ogni singolo respiro, prende nota di ogni sfumatura di comportamento. Non pensa ad altro, per tutto il tempo che intercorre tra il momento di individuare la preda e quello di ingoiarla intera. Esiste, perciò, un istante breve ma eterno in cui predatore e preda sono avvinti l'uno all'altro, in un legame di attrazione così forte da essere quasi palpabile. Forte quasi come l'amore.

La preda cerca di convincersi che va tutto bene e il brivido2 che gli corre lungo la schiena è solo normale eccitazione… ma i suoi sensi sono completamente all'erta, sintonizzati sul serpente e sulle sue mosse. Sente il pericolo, è tesa.
Ed è questa tensione la cosa di cui ogni serpente che si rispetti si nutre, ciò di cui non può fare a meno - le occasioni così ghiotte non si sa quando ricapitano, sono da prendere al volo -, e viene alimentata dal serpente stesso al fine di poter continuare a nutrirsene.
Da fuori, le differenze con una relazione "normale" non si notano, le citazioni di Dante si sprecano e tutti fanno il tifo per il cerbiatto che, dicono, a furia di perseverare farà capitolare il cuore della sua bella. Quando sei amato, non puoi che riamare a tua volta, no? Quando c'è una tale elettricità tra due persone, non può che fare da scintilla nella polveriera dei sentimenti. Certo.

Ma per quanta elettricità, scintille o fiamme dirompenti ci possano essere, la verità è che il finale è sempre quello. E per il povero cerbiatto fagocitato c'è solo la (magra?) consolazione di poter diventare parte integrante dei tessuti vitali del serpente, saziandolo fino al prossimo pasto.
Amor, ch'a nullo amato amar perdona? No, thanks.
Macaroni ... m'hai provocato, e io te distruggo.



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Note semiserie, anzi per niente
1. In quale latitudine un cerbiatto e un serpente costrittore possono esistere? Nessuna. Ok, nella prima stesura il mammifero era un topo, ma iniziare con "Ammetto di essermi persa in un paio d'occhi da topo" era tremendamente poco poetico per il post e altrettanto poco lusinghiero per il proprietario dei succitati bulbi oculari.
2. E va bene, a questo punto lo dico, a costo di sputtanarmi tutta la raffinatezza del discorso fatto finora. Rileggendo sono stata colta da un'illuminazione e ho capito che il mio inconscio non solo ha partorito questa delirante metafora del serpente e del topo, ma intendeva questo topo. Ha gli occhi azzurri, dice "Strapazzami", gli tremano i baffi... ho voglia a truccarlo da cerbiatto!
AAA cercasi analista molto molto bravo...