Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m'abbandona.
Inferno, canto V, 103-105
Giacché questo spazio porta il nome di Confessioni, mi confesso.
Ammetto di essermi persa in un paio d'occhi da cerbiatto, io che sono dura e (im)pura e graniticamente allergica ai morbidoni. Solitamente mi piacciono le persone che sanno quello che vogliono da me, che sia sesso, amicizia o scudisciate. E invece.
Esistono cerbiatti con gli occhi azzurri? Beh, tant'è. Deve essere il fascino dell'inesperienza, mi sono detta, poi ho realizzato.
Leggo, in fondo a quello sguardo ceruleo, una certa tanta (fanculo la falsa modestia) attrazione nei miei confronti, che rimane inespressa per la poca pratica nell'esternazione dei sentimenti. Più in fondo dentro quegli occhioni però, dietro all'ingenua passioncella, c'è un qualcosa che parla al mio istinto predatorio in modi che non posso ignorare. Che dice "Strapazzami, ti prego, sono tuo", forse all'insaputa del proprietario stesso.
Qualcosa, quindi, che mi attrae.
In fondo, è vero che il cerbiatto è irresistibilmente affascinato dal serpente che lo mangerà1: lo guarda, si chiede cosa sia quel curioso animale strisciante, se costituisca una minaccia. Vorrebbe avvicinarsi, forse giocare.
Il serpente, d'altro canto, è a sua volta focalizzato sul cerbiatto, sempre e solo sul cerbiatto, su ogni fremito, su ogni singolo respiro, prende nota di ogni sfumatura di comportamento. Non pensa ad altro, per tutto il tempo che intercorre tra il momento di individuare la preda e quello di ingoiarla intera. Esiste, perciò, un istante breve ma eterno in cui predatore e preda sono avvinti l'uno all'altro, in un legame di attrazione così forte da essere quasi palpabile. Forte quasi come l'amore.
La preda cerca di convincersi che va tutto bene e il brivido2 che gli corre lungo la schiena è solo normale eccitazione… ma i suoi sensi sono completamente all'erta, sintonizzati sul serpente e sulle sue mosse. Sente il pericolo, è tesa.
Ed è questa tensione la cosa di cui ogni serpente che si rispetti si nutre, ciò di cui non può fare a meno - le occasioni così ghiotte non si sa quando ricapitano, sono da prendere al volo -, e viene alimentata dal serpente stesso al fine di poter continuare a nutrirsene.
Da fuori, le differenze con una relazione "normale" non si notano, le citazioni di Dante si sprecano e tutti fanno il tifo per il cerbiatto che, dicono, a furia di perseverare farà capitolare il cuore della sua bella. Quando sei amato, non puoi che riamare a tua volta, no? Quando c'è una tale elettricità tra due persone, non può che fare da scintilla nella polveriera dei sentimenti. Certo.
Ma per quanta elettricità, scintille o fiamme dirompenti ci possano essere, la verità è che il finale è sempre quello. E per il povero cerbiatto fagocitato c'è solo la (magra?) consolazione di poter diventare parte integrante dei tessuti vitali del serpente, saziandolo fino al prossimo pasto.
Amor, ch'a nullo amato amar perdona? No, thanks.
Macaroni ... m'hai provocato, e io te distruggo.
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Note semiserie, anzi per niente
1. In quale latitudine un cerbiatto e un serpente costrittore possono esistere? Nessuna. Ok, nella prima stesura il mammifero era un topo, ma iniziare con "Ammetto di essermi persa in un paio d'occhi da topo" era tremendamente poco poetico per il post e altrettanto poco lusinghiero per il proprietario dei succitati bulbi oculari.
2. E va bene, a questo punto lo dico, a costo di sputtanarmi tutta la raffinatezza del discorso fatto finora. Rileggendo sono stata colta da un'illuminazione e ho capito che il mio inconscio non solo ha partorito questa delirante metafora del serpente e del topo, ma intendeva questo topo. Ha gli occhi azzurri, dice "Strapazzami", gli tremano i baffi... ho voglia a truccarlo da cerbiatto!
AAA cercasi analista molto molto bravo...