giovedì 15 maggio 2014

Ventidue (5)

Con la mia collega Romina, il rapporto è poco più profondo di quello tra due conoscenti. Non c'è nessuna particolare intesa o confidenza, quindi chiacchieriamo un po' del più e del meno spaziando su vari argomenti di nessuna importanza: vestiti, make-up, conoscenze comuni.
Romina è la classica ragazza che si potrebbe definire "pulita": più grande di me di qualche anno, fidanzata con lo stesso ragazzo da quando entrambi ne hanno memoria, la sua massima aspirazione nella vita è di sposarsi con lui e mettere su casa e famiglia.
Lei non è il tipo da toccarsi nel bagno pensando a degli sconosciuti (o peggio, a dei superiori) e saperlo mi fa sentire se possibile ancora più sporca. Il mio senso della morale, però, stranamente non rigira troppo il coltello nella piaga. Si limita a guardare Romina con tenerezza mista a pena e fare spallucce: sai che palle, vivere così?

Terminato di pulire e sistemare, saluto lei con due baci sulle guance, vado nello spogliatoio a prendere il cappotto e mi dirigo verso la cassa per salutare il capo.
Vengo pagata ogni volta a fine serata, quindi questa parte non la posso saltare, sebbene la voglia di infilare la porta senza una parola sia tanta.

Conosco Giacomo e non mi aspetto sconti da lui... in nessun senso.

Lui mi guarda da dietro la cassa aperta, poi fissa le banconote e sorride ancora con la sua faccetta sghemba.
- Questo è per il servizio in sala - dice, allungandomi venti euro.
La mia paga base è almeno il doppio, e mancherebbero comunque le mance, lui lo sa meglio di me. Vuole punirmi per quello che è successo decurtandomi la paga? Non faccio in tempo a chiedermelo, che lui parla ancora.
- Questo è per il servizio in cucina - aggiunge, porgendomi un'altra banconota da venti.
Chiude la cassa, io tiro un sospiro di sollievo e mi lascio andare ad un sorriso incerto. Ok, penso, mi ha tolto le mance. Ma almeno ha deciso di essere adulto e chiudere qui l'incidente senza togliermi altri preziosissimi soldi.
Capisco che mi sbaglio nel momento stesso in cui lo vedo tirare fuori il portafogli dalla tasca posteriore dei pantaloni, trarne un'ultima banconota - da 50 euro, questa volta (!) - e infilarmela nello scollo della camicetta, bloccandola contro la spallina del reggiseno.
- E questo è per il servizio in bagno. - chiude, fissandomi negli occhi fino al momento in cui scende dal bancone, si volta e rientra in cucina senza un'altra parola.
Mi riscuoto dal gelo in cui mi ha lasciato l'ultima frase di Jack, metto via i soldi ed esco, immergendomi nella fresca notte primaverile.
Mi incammino verso la casa di Edoardo, a circa un chilometro e mezzo dal Blue Star, e lascio che la passeggiata mi calmi i nervi che sento tesi a fior di pelle.
Per quanto appena accaduto con Jack o per quanto sta per accadere con Edo? Non lo so e non mi fermo ad analizzare.
So solo che, giunta a destinazione, sono risoluta a lasciare che Edo faccia quel che vuol fare senza mostrare troppa partecipazione, così magari mi lascerà per una più focosa.
A quest'ultimo pensiero - io che vengo accusata di essere troppo frigida - mi sembra di sentire la risata del mio capo echeggiare nel buio.

2 commenti:

  1. " sai che palle, vivere così"... per chi non se ne rendo conto vive comunque felice,
    grande il jack anche se ha dato un valore a qualcosa di impagabile,
    rimane malinconico il finale, tipico delle "matterelle" in senso buono come
    te cui non si può mai cercare di prendere al cappio che subito fuggono lontano
    imprendibili

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  2. E' vero, chi non si pone mai certi interrogativi vive molto meglio :) ma una volta che ce li si è posti è quasi impossibile rimetterli a tacere!
    Jack ama le uscite d'effetto e i coup de theatre, sembra che abbia un suo palcoscenico privato... è uno dei tratti che più ho amato in lui (e che credo di aver in parte ereditato), ma quando uno non è in vena è pesantissimo sopportarlo.

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