martedì 20 maggio 2014

Ventidue (6)

Suono il campanello della principesca casa sul mare dove abita il mio fidanzato.
Mai avuti problemi di soldi, Edoardo. I suoi sono medici, lui è un promettente studente allo scientifico e nel suo destino è segnata un'altrettanto promettente carriera al Policlinico Universitario.
Cosa ci faccia con una povera spiantata come me, è ancora un mistero. Il fascino del diverso, forse, per uno che ha sempre frequentato la società "bene" e ha come amici i figli di notai, avvocati e dottori che abitano in ville algide e perfette, in tutto simili a quella che mi trovo di fronte, quasi fossero fatte con lo stampino. Niente a che vedere con il folklore ruspante dei quartieri popolari dove sto io, con i panni stesi come macchie di colore sui balconi e la vecchia pazza del quartiere che urla il suo sdegno verso l'attuale gioventù bruciata. Qui, i pazzi, li allontanano con discrezione per poi eliminarli a randellate.
I soldi vanno dove trovano sicurezza, ecco perché da me non vengono mai, penso con un brivido.

Il portone dinnanzi a me si schiude e il maggiordomo - il maggiordomo, capite? - mi lancia un'occhiata.
- Buonasera - esordisco timidamente.
Dannazione, Edo sapeva perfettamente che sarei venuta e a che ora sarei arrivata, perché non mi ha aspettata di sotto com'è suo solito? Avere a che fare con la servitù mi mette a disagio, visto che di solito sono io la servitù.
E adesso questo mi guarda e non parla, e ce l'avrà con me perché l'ho tirato giù dal letto ad un orario impossibile.

Resisto alla tentazione di abbassare lo sguardo per passare in rassegna i miei vestiti - ho ancora addosso la divisa del Blue Star, l'avrò mica sporcata pulendo la cucina? - e balbetto qualche altra frase sconnessa che, teoricamente, dovrebbe spiegare la mia presenza in quella casa a quell'ora con nessun altro tranne il mio fidanzato ad aspettarmi.
Non arrossire, mi ripeto, non arrossire. Arrossisco, anzi, avvampo, e il maledetto maggiordomo continua a guardarmi senza dire niente.

Prima che abbia terminato la mia spiegazione sui motivi che mi portano lì, comprendenti tra l'altro un rapimento alieno, una gomma bucata e un cane mangiatore di compiti, il maggiordomo (di cui, a questo punto, annoto mentalmente di chiedere il nome) si volta dandomi le spalle e con un secco: - Prego. - si dirige verso la porta, lilla, al centro dell'ingresso arredato in crema e lilla. La tiene aperta mentre la oltrepasso, ma non entra con me nella stanza successiva. Semplicemente, se ne va senza un'altra parola, richiudendo la porta alle mie spalle e lasciandomi sola nella stanza ad attendere.
In quest'altra stanza, non ero mai stata prima. Di solito, Edo mi fa entrare dall'ingresso laterale, e le rare volte che entro dal portone principale mi fa salire dalla scala sulla sinistra dell'ingresso, direttamente in camera sua. Mi piace questo salottino, però.
C'è un contrasto quasi stridente tra lo stile minimal, bianco e nero, imposto alle pareti, al pavimento e alle piccole suppellettili e l' opulenza dello stile barocco concesso al mobilio principale. Mi accomodo su una poltroncina bordata d'oro e, per passare il tempo, stempero con il freddo delle mani le mie guance bollenti e continuo ad osservare la stanza che mi affascina sempre di più con i suoi richiami cromatici.
Quattro porte, una al centro di ogni lato. Due, quella dalla quale sono entrata io e la sua gemella di fronte, sono dipinte della stessa tonalità oro richiamata dalle bordature del divanetto e delle poltroncine. Una è profilata di bianco, l'altra di nero. Le altre due porte invece, anch'esse una perfettamente di fronte all'altra, sono una bianca e una nera, con gli stessi profili d'oro. Questo smorza il contrasto delle forme, rendendo interessante per l'occhio quel che altrimenti sarebbe stato... noioso... molto noioso... e poi questa poltroncina è così comoda...

- Bene, bene, bene. Guarda un po' chi è venuto a trovarci -

Mi riscuoto dal torpore, devo essermi appisolata un attimo per la stanchezza della giornata. Sbadiglio, credendo di aver sognato la voce maschile che sembrava provenire dal fondo della mia coscienza.
Il rumore di una delle porte che si chiude mi fa drizzare i peli dietro la nuca: non ero sola nella stanza. Raggelo, non posso farne a meno, anche se sono consapevole di essere nella casa perfetta del mio perfetto fidanzato Edoardo, il luogo perfetto dove a nessuno può venir fatto alcun male.
Ma allora perché quella voce aveva un che di suadente e molto pericoloso allo stesso tempo?
Mi volto, il cuore che batte, l'adrenalina che scorre, come fossi una preda che si volta ad incontrare gli occhi del cacciatore. 
Appoggiato alla porta a fissarmi c'è un ragazzo alto, castano. Non è Edo, è meno alto e meno biondo, ma gli assomiglia tantissimo e non dev'essere molto più vecchio di lui - e di me.
Di sicuro è suo fratello Alessandro, penso. Mi ha parlato di un fratello maggiore, sui 25 anni. Il pensiero in sé mi tranquillizzerebbe, ma l'espressione rapace negli occhi di lui non fa altrettanto.
- Mi hai fatto spaventare - gli dico, ridacchiando - devo essermi addormentata mentre aspettavo Edo. Tu sei Alessandro, vero?
Edo dov'è? -

No, non sono per niente tranquilla. Anzi, ho i sensi all'erta come prima di un decollo. Mi alzo dalla poltroncina e realizzo che mi sto preparando alla fuga.

5 commenti:

  1. sarà o non sarà questo fratello.... lo sapremo la prossima puntata e soprattutto....
    cosa accadrà con lui

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    1. Cosa accadrà lo scoprirete presto, però posso anticipare che sì, è il fratello ;)

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  2. Kubrik in eyes wide shut non era niente rispetto alla suspense che sai creare... cosi come le serie dei cartoni, dove aspetti con ansia il giorno dopo per vedere se holly segna,mi tocca aspettate impaziente..

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    1. Dai su, non si dice che l'attesa del piacere sia in fin dei conti il piacere stesso? :P :P

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  3. Qualcosa mi dice che dobbiamo aspettarci non una ma più sorprese da questo ragazzo alto, castano. Che no, non deve proprio essere come Edo, me lo sento...

    F.

    (l'attesa si sta facendo lunga ;-) )

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