giovedì 29 maggio 2014

Ventidue (7)

- Edoardo non è qui - risponde lui con quella voce suadente e letale, catturando il mio sguardo con i suoi occhi rapaci. 
- Ma tu sì. -
- Già - faccio io, consapevole di riuscire stupida nel dirlo - Però, visto che ero passata per lui... -
Lui si sta avvicinando a me a lunghi passi lenti, ed io di riflesso indietreggio.
- ...a questo punto io... -
Ancora lui avanza, e ancora io arretro per mantenere il distacco.
- ...credo sia meglio...-
Un altro passo. Continuiamo a fissarci.
- ...andare. -
Arrivata alla fine del salottino, non potrei indietreggiare ancora neanche volendo. Premo la schiena contro il muro nel disperato tentativo di mettere più centimetri possibile tra me e lui, ma continuo a tenere gli occhi in quelli di lui, che mi fissa gelido.
- Tu non vuoi andare da nessuna parte, vero? - Trasalisco, e ciò gli basta come risposta. Si china su di me ed io, istintivamente, alzo il mento per andargli incontro. Attraverso le ciglia vedo le sue labbra schiudersi ed avvicinarsi sempre più alla mia bocca, sento la sua mano passarmi dietro la nuca e tenermi la testa, quindi protendo le labbra, pronta per un bacio appassionato. Il dolore mi colpisce come una scarica elettrica, facendomi sgranare gli occhi e riscuotere dal torpore.
-Ahi!- con le mani faccio leva sul suo torace e lo allontano da me. Lui ha ancora i denti serrati sul mio labbro inferiore e lo tira leggermente prima di lasciarlo andare.
Un morso. Questo stronzo bastardo mi ha morso. E forte!
Lo guardo, un sorriso gli attraversa il viso come un fulmine e con altrettanta velocità la mano, che prima mi bloccava la nuca, carica all'indietro e si abbatte su di me. A questo punto io, appoggiata con la spalla e la tempia alla parete dove sono andata a sbattere per il contraccolpo, sono a dir poco scioccata. Mi porto la mano al viso, sento la bocca spalancarsi per il bruciore e la sorpresa. Il dolore alla guancia e quello al labbro hanno fatto sparire ogni traccia del languore che mi aveva presa e portata ad avvicinarmi. Eppure, stranamente, non voglio restituire pan per focaccia. La mia indole combattiva, che più volte mi ha gettata in mezzo alle peggiori risse, adesso tace.
Mi volto a guardarlo di nuovo dritto negli occhi, senza parlare. Lui ha ancora quel sorriso, compiaciuto e sicuro di sé, le mani sui fianchi e l’espressione saputa, di chi si aspetta una crisi isterica e si prepara a rispondere con una presa in giro. Mentre ci fissiamo per lunghi istanti, il sorriso mi sembra spegnersi nei suoi occhi, per poi tornare a brillare, ancora più ampio di prima. Alza il braccio e afferra il collo della mia camicetta, afferrando il primo bottone.
Sbatto le palpebre, sento i muscoli irrigidirsi involontariamente, deglutisco, ma non mi muovo. Imperterrita, continuo a fissarlo mentre lui si trasforma in maniera quasi palpabile sotto i miei occhi: perde tutta l’allure di scherzo, smette di cercare di spaventarmi affinché io scappi come una bambina imbronciata. Le sue pupille si dilatano, gli angoli della bocca si sollevano ancora, storcendo il suo sorriso in un ghigno, le dita tremano impercettibilmente per la sferzata di adrenalina mentre allarga l’asola, per far passare il bottone.
Non l’ha ancora aperto e già realizzo quello che vuole fare, rendendomi vergognosamente conto che ho le mutandine completamente bagnate al solo pensiero. Voglio dire, ho davanti il fratello stronzo del mio fidanzato, questo mi tratta a morsi e schiaffi, poi dà a vedere che mi spoglierà e mi metterà le mani addosso e io che faccio? Non solo me ne sto zitta e ferma, vedo pure di facilitargli il lavoro. Sai mai che non riuscisse a scoparmi per bene, se fossi troppo asciutta.

Quale lurida cagna in calore si comporterebbe così? E se entrasse Edo? Oddio, se mi vedesse mentre mi faccio spogliare dal fratello… Dipingendo mentalmente la scena, ho una contrazione involontaria e gli umori oltrepassano la barriera delle mutandine ormai fradice, bagnandomi l’interno delle cosce.
Mi sottraggo alla fantasia e torno a concentrarmi sulla realtà. Alessandro mi ha ormai sbottonato completamente la camicetta, mettendo in mostra il reggiseno bianco sottostante, e mi mette le mani sui fianchi alla ricerca della cerniera della gonna. La trova e la apre completamente, abbassandomi la gonna e facendola scivolare a terra. Io comincio ad ansimare leggermente, per il contatto dell’aria fresca sulla pelle calda e nuda.
La sua espressione ha perso ogni traccia di allegria, è severa – distaccata, ad essere sincera – come se stesse eseguendo un compito imposto dall’alto. Mi guarda, mi ha guardata negli occhi tutto il tempo, ma più passa il tempo più mi sento una paziente davanti ad un medico, o un quarto di bue davanti ad un macellaio. La gonna viene raggiunta a terra dalla camicetta, che mi tira giù dalle spalle accompagnandola, per evitare che si incastri il polsino.
Per finire, porta un braccio dietro la mia schiena. Con un unico gesto fluido mi slaccia il reggiseno, facendo cadere anch’esso a terra nel mucchio di vestiti, e mi leva le mutandine afferrandole ai lati. Ormai sono nuda davanti ai suoi occhi, fatta eccezione per le decolleté mezzo tacco. Deglutisco rumorosamente, la respirazione accelerata, fissandolo mentre resto in attesa della sua prossima mossa. Per cingermi la schiena e togliermi il reggiseno, si è avvicinato abbastanza da permettermi di percepire il calore del suo corpo ed io sto letteralmente anelando di potermi appoggiare a lui. Se non altro, per avere una scusa per distogliere lo sguardo dal suo senza apparire debole.
E invece, lui fa un passo indietro. E mentre lo fa, torna il suo ghigno provocante che mi fa partire un brivido lungo la schiena.
Che diavolo gli prende adesso? Perché non mi salta addosso? Non mi vuole? Non gli piaccio? Il mio cervello è un assordante cicaleccio di interrogativi e di ingranaggi che girano vorticosamente. 

Su tutto quel baccano prevale però una vocina sottile, decisa. Non aprire bocca, sussurra.
Non aprire bocca e non interrompere il contatto visivo, o sarai persa per sempre.
Di solito sono cervellotica, penso troppo, parlo troppo. Ma quando l’istinto si fa sentire in maniera così netta, mi abbandono ad esso. E così stiamo lì, occhi negli occhi in un silenzio carico di sfida. 

Però potrei dire qualcosa. Dico qualcosa?
No, forse è meglio di no.
Però lui sì, potrebbe anche dire qualcosa.


E miracolosamente, alla fine, è davvero lui a parlare per primo, anche se quel che dice è forse più sorprendente di quanto ha fatto finora.
- Domani, davanti all’ingresso posteriore. Alle otto. –
Detto questo, si rabbuia in volto ed esce dalla stanza, richiudendo dietro di sé la porta nera.
Quanto sento lo scatto della serratura, le mie ginocchia cedono e mi accascio a terra.

Resto lì,ansimando bocconi come un naufrago sulla rena. I polmoni ormai mi bruciano per tutto il tempo che ho passato allacciata agli occhi di lui, dimentica persino di respirare.
Una volta recuperato un normale battito cardiaco, mi rendo conto di essere ancora nuda e allungo un braccio per riprendere i vestiti. Mi sento come se avessi mille anni, o avessi appena scalato l’Everest senza piccozza. O entrambi.
Il cicaleccio nella mia testa è ormai cessato, sostituito da un silenzio vacuo ed irreale. Mi concentro sul qui ed ora, sui gesti che sto compiendo per riuscire, finalmente, ad allontanarmi da questo posto maledetto: allaccia la camicia, infila le mutandine, prendi la borsa.
Accertatami di aver preso tutto, mi dirigo verso l’uscita percorrendo a ritroso l’ingresso, ora completamente deserto. Esco dal portone principale col mio passo più svelto, senza guardarmi indietro, e faccio ritorno a casa senza aver ancora avuto il coraggio di analizzare l’accaduto.
Mi sdraio, completamente sveglia e completamente vestita, sul mio letto singolo perennemente sfatto. E solo allora, al sicuro nella mia stanza, torna il vociare concitato dei miei pensieri. Che diavolo è successo là dentro? Edoardo dov’era?

Riapro gli occhi e fisso il buio davanti a me poi, con uno scatto, mi metto a sedere sul letto. Il mio telefono. Il mio telefono non ha squillato tutta la sera, ed io me ne rendo conto solo ora perché ero troppo presa dalle mie seghe mentali, per farci caso.
Scendo dal letto e mi metto a frugare nervosamente la borsa alla ricerca del cellulare, finché non lo individuo in un angolo tra la bustina dei trucchi e l’agenda. Guardo il display. Morto.
Inciampando nel disordine della stanza mi avvicino al comodino per prendere il caricabatterie, collego il telefono alla presa e lo accendo. Tempo di trovare la rete e mi arriva un messaggio:

Hi sweetie, xk nn risp? Cmq bad news :(
Stase doma e dopo vd in montagna
col vecchio, cive qnd torno!
Peccato T.T tat :*

Oltre a questo,  quattro o cinque messaggi della Vodafone che mi notificano chiamate a cui non ho mai risposto. Ops.
Mi ributto sul letto mentre le tessere del puzzle si ricompongono davanti ai miei occhi. Il padre di Edoardo aveva trasmesso al figlio l’amore per la natura, i boschi e i capanni di caccia stile “omaccione rude e virile”. Nonostante la madre disapprovasse, manifestando il suo disappunto con permanenze alla SPA lunghe quanto le loro in montagna, ogni occasione era buona perché sparissero dei giorni per tornare poi sudati, sporchi e carichi di lepri e fagiani.
Certo che, se la prospettiva di avermi nuda nel suo letto non riesce a battere quella di dormire in una baracca umida, non devo poi essere ‘sta gran gnocca di fidanzata, afferma la mia vanità ferita. Taci va, che è meglio così, le rispondo. Il problema è un altro.
Il vero problema è che domani non ci sarà nessuno in quella casa, tranne l’inquietante fratello maggiore del mio attuale ragazzo. Anzi: l’inquietante, violento, bastardo e super-sexy fratello maggiore del mio attuale ragazzo. E un maggiordomo connivente, a quanto pare.
Finalmente la stanchezza e la tensione della giornata hanno la meglio su di me e, sul cammino verso l’abbraccio di Morfeo, realizzo con un sorriso che almeno una cosa l’ho capita.

Devo lasciare Edo. Non esiste che mi molli qui per andarsene a sparare ai cinghiali.




8 commenti:

  1. che non sia tutto un piano del perfido fratello

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  2. Questo Edo che ama la "fauna" sbagliata..ma... domani alle otto pubblicherai il seguito? :).

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  3. Va beh che sette è un numero perfetto per mille motivi. Ma l'ottavo capitolo? ha una gestazione interminabile...
    F.

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  4. Ci sto lavorando, purtroppo i miei altri impegni mi distolgono dallo scrivere :(

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  5. e immagino quanto sarai richiesta

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  6. ma è una pausa lunga oppure hai creato un nuovo blog
    qui siamo in trepidante attesa

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